foto: Il Sole 24 Ore
di Giorgio di Perna
Da sempre, nel nostro territorio, l’agricoltura è il motore dello sviluppo economico. Intere generazioni hanno dedicato, e continuano a dedicare tuttora, la propria vita alla terra. La terra come stile di vita, dove umiltà e soprattutto sacrificio la fanno da padrone; ma anche meraviglia e soddisfazione non appena il seme diventa frutto.
Sarebbe bello continuare a parlare di terra in questo modo, ma purtroppo non è possibile. Non è possibile, perché nel 2018 ci sono persone che lavorano per intere giornate sotto il sole o sotto il caldo di una serra e guadagnano in media 3€ l’ora. Quando le cose vanno per il meglio, quindi, vengono soltanto sottopagati; in altri casi, invece, vengono anche dopati. Sembrano storie lontane dal nostro territorio, ma l’attualità dice il contrario.
Molti di questi ragazzi li vediamo, alle primissime ore dell’alba o qualche ora dopo il tramonto, al bordo delle nostre strade, muniti di biciclette (se così possono essere chiamate) e, nel migliore dei casi, di gilet catarifrangenti. Indiani, bengalesi e, in alcuni casi, africani richiedenti asilo che si avventurano alla ricerca di una giornata di lavoro: ad attenderli, come viene raccontato in questo interessantissimo reportage del quotidiano Avvenire, ci sono i cosiddetti caporali.
Una buona agricoltura è quella che fa a meno del caporalato, dell’illegalità e che, al contrario, guardi alla libertà e dignità umana dei lavoratori. Nel corso degli anni sono stati compiuti passi in avanti, come l’approvazione della legge 199/2016 “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”. Attraverso tale legge, chi sfrutta e si approfitta dei lavoratori è passibile della pena di reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Quando il reato è compiuto mediante violenza o minaccia, è prevista un’aggravante che aumenta la reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Con la legge sul caporalato, viene inoltre integrato e rafforzato il quadro normativo che ha istituito la Rete del lavoro agricolo di qualità, nata per rafforzare le iniziative di contrasto dei fenomeni di irregolarità e per certificare che le aziende aderenti siano in possesso di precisi requisiti di legalità e rispetto delle normative in materia di lavoro.
Senza dubbio sono stati compiuti diversi passi in avanti rispetto al passato, ma c’è sempre qualcosa in più da fare: la “legge” più importante da seguire è la crescita della coscienza civica, la volontà di non stare in silenzio e denunciare tali situazioni. In questa direzione va il grande lavoro culturale portato avanti da diversi studiosi, lavoratori, sindacalisti ed associazioni, su tutti Marco Omizzolo (Sociologo, Responsabile della Cooperativa InMigrazione), Aboubakar Soumahoro (sindacalista italoivoriano dell’Unione Sindacale di Base), “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, Flai-CGIL e ARCI. È arrivato il momento di svegliarsi e ridare dignità alle persone, ai lavoratori e alla terra: perché sfruttare i lavoratori della terra è fare del male alla terra stessa.
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2 Replies to “Terra degli uomini. Come ridare dignità alle persone, ai lavoratori e alla terra”
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E’ giusto quello che dici, però vorrei andare oltre: quando la GDO comprime i prezzi, obbliga certe produzioni, l’agricoltura diventa schiava di queste logiche e tutto si ripercuote sulla catena in particolare sugli anelli più deboli
Mi permetto di linkare un articolo: https://www.internazionale.it/reportage/stefano-liberti/2018/07/25/passata-pomodoro-eurospin