di Valerio Iannitti e Gianmarco di Manno

Bisognerebbe sempre provare a mettersi dall’altra parte, prima di farsi un’idea, prima di emettere un giudizio. Soprattutto al cospetto di una popolazione che si sente da decenni circondata da vicini ostili e che è stata appena colpita al cuore dal peggior attentato terroristico della sua storia.

Tuttavia, ci sono casi in cui, pure con il massimo sforzo e cercando di considerare tutti gli elementi, pure tenendo presenti le differenze tra “real politik” e utopie, risulta complicato accettare passivamente quello che sta accadendo. E questo, a prescindere dalle ragioni e dai torti delle parti in causa.

Era lecito aspettarsi che Israele rispondesse con forza a quel brutale attentato terroristico, ma ha finito per farlo con un impatto sui civili e un disprezzo della vita umana che mai si era vista prima[1].  Da circa tre mesi che si assiste al massacro indiscriminato di una popolazione di quasi due milioni e mezzo di persone alle quali, dal 2006, è reso pressoché impossibile uscire da un’area grande più o meno come una striscia che va da Terracina a Formia, larga, nel punto maggiore, 12 chilometri.

Sono tre mesi che si sta rispondendo ad un atto di terrorismo con una sorta di terrorismo perpetrato da uno degli eserciti più attrezzati del mondo ai danni di topi in trappola. Il tutto con il benestare dei “buoni”, fronte che solo ora inizia a mostrare delle crepe, tant’è che sembra incrinarsi il rapporto anche con lo storico alleato, gli Stati Uniti[2].

Questo massacro chiamato guerra andrà presumibilmente avanti, tra gli altri, per un motivo: perché il leader israeliano nell’ultimo periodo era in chiara difficoltà[3], per la sua carriera politica, l’attacco del 7 ottobre è stata una manna dal cielo e, probabilmente, non appena saranno deposte le armi, avrà le ore contate per quanto riguarda il suo futuro politico. Per questa ragione si teme addirittura un allargamento del conflitto. Come nel caso della guerra in Ucraina, vita e destini di un popolo dipendono dalla sete di potere di un uomo o di una cerchia di uomini.

Tra un po’ ci si romperà anche le scatole di raccontarlo e non sarà redditizio per gli organi di informazione, perché cento innocenti ammazzati fanno notizia il primo giorno, il secondo un po’ di meno, e dopo tre mesi quasi non ne fanno più. L’Ucraina insegna. Anzi, a volte ci si rompe le scatole molto prima, basti notare l’assenza sui nostri principali media, tra gli altri, del conflitto in atto in Sudan dalla scorsa primavera[4], o a quello che riguarda da anni lo Yemen, cui non è quasi mai stato dato particolare rilievo nonostante l’enormità della catastrofe umanitaria[5].

Dieci bambini amputati il primo giorno fanno notizia[6], il secondo giorno meno, poi anche basta.

Sono morti tantissimi giornalisti[7]. E va bene, così va la vita.

Parte della politica italiana non riesce ad emettere una condanna, altra parte fatica anche ad esprimere un mero disappunto, in taluni casi persino il cordoglio, quasi che questo automaticamente sia un modo per incolpare la politica di uno Stato che deve rimanere per forza dalla parte della ragione. I media, con le dovute eccezioni, ne parlano poco o, molto peggio e molto più di frequente, ne parlano male.

Per poter giustificare e fare accettare all’opinione pubblica l’offensiva in atto a Gaza e l’aumento dei soprusi in Cisgiordania (di cui in realtà non si dice quasi nulla[8], così come si è sempre detto ben poco o condannato a mezza bocca, a dispetto di diverse risoluzioni ONU che tacciano di illegalità gli insediamenti) occorrono tutta una serie di mezze verità, tra cui queste:

– dare una motivazione nobile: nella fattispecie, “bisogna distruggere i terroristi di Hamas”, fingendo di ignorare che ogni innocente ammazzato aumenta il radicalismo di chi sente di non avere nulla da perdere e fingendo di ignorare che i principali membri dell’organizzazione risiedano all’estero;

– colpevolizzare e deumanizzare le vittime con affermazioni del tipo “in fondo Hamas l’hanno votata loro, sono tutti terroristi, se la sono cercata, bestie”;

– dimenticare il contesto, tacere sui territori occupati da decenni e sui regimi di apartheid che male sembrerebbero adattarsi a uno Stato che ama dirsi democratico e fingendo di non comprendere per quale motivo, poi, è stata votata Hamas;

– disegnare la parte di opinione pubblica che condanna le operazioni in corso come “pro-Hamas”;

– arrivare a dire, pure per bocca di persone di enorme cultura come può essere Paolo Mieli, che Gaza nel 2005 “è stata liberata”, quindi è tutta colpa loro; fingendo di ignorare l’enormità di controlli e limitazioni cui quella popolazione è stata sottoposta, per anni, dall’esterno;

– fare i disegnini dei buoni contro i cattivi: di là ci sono Russia, Iran e Corea del Nord, di qua c’è tutto l’Occidente;

– fare l’equivalenza tra un popolo e la leadership di un popolo;

giocare la carta dell’antisemitismo ogniqualvolta si critica la politica governativa israeliana, svilendone il significato, allo stesso modo di come spesso si fa col razzismo in generale, quando lo si usa a sproposito: sul punto, basti sapere quante persone di religione ebraica sono state addirittura arrestate per le proteste contro l’azione militare israeliana;

A scuotere questo agghiacciante torpore ci ha pensato, l’8 gennaio, il giornalista Raffaele Oriani, che nell’interrompere la propria collaborazione con Repubblica scrive:

Penso che tutto questo non abbia nulla a che fare con Israele, né con la Palestina, né con la geopolitica, ma solo con i limiti della nostra tenuta etica. Magari fra decenni, ma in tanti si domanderanno dove eravamo, cosa facevamo, cosa pensavamo mentre decine di migliaia di persone finivano sotto le macerie. Quanto accaduto il 7 ottobre è la vergogna di Hamas, quanto avviene dall’8 ottobre è la vergogna di noi tutti. Questo massacro ha una scorta mediatica che lo rende possibile. Questa scorta siamo noi“.

La decisione del giornalista arriva qualche giorno dopo il messaggio del Papa ai giornalisti tedeschi: “I media non debbono lasciarsi utilizzare da chi vuole fomentare i conflitti […] Quanti conflitti oggi, anziché essere estinti dal dialogo, sono alimentati da notizie false o da dichiarazioni incendiarie che passano attraverso i media! Perciò è ancora più importante che voi, forti delle vostre radici cristiane e della fede quotidianamente vissuta, smilitarizzati nel cuore dal Vangelo, sosteniate il disarmo del linguaggio”. Papa Francesco invita dunque gli operatori della comunicazione a “favorire toni di pace e di comprensione, costruire ponti, essere disponibili all’ascolto, esercitare una comunicazione rispettosa verso l’altro e le sue ragioni”.

Debolezza della politica, debolezza della comunicazione, debolezza delle istituzioni. È così che quando parlano le bombe, tace ogni forma di sensibilità, anche la più basilare. Regna la barbarie e non esistono più né donne incinte, né anziani, né bambini, né prigionieri con fazzoletti bianchi. Peggio degli animali. Abbiamo allontanato la soluzione dei due Stati e stiamo coltivando i terroristi del futuro. Ancora una volta. Pur sperando vivamente che non ce ne siano mai più altri, qualora dovessimo trovarci a rivivere altri “7 ottobre”, dovremmo avere la decenza di non sorprenderci troppo.


[1] ciò emerge anche da un’inchiesta del giornale israeliano +972magazine, reperibile su https://www.972mag.com/mass-assassination-factory-israel-calculated-bombing-gaza/ e tradotto in Italia da Internazionale, n. 1542 del 2023

[2] https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2024/01/10/viaggio-blinken-medio-oriente

[3] https://video.repubblica.it/mondo/israele-drone-tel-aviv-riforma-netanyahu/450821/451783

[4] se ne parla qui https://italia-podcast.it/podcast/globo/la-guerra-dimenticata-in-sudan-con-irene-panozzo

[5] https://www.unicef.it/media/yemen-1000-giorni-di-conflitto-la-piu-grave-crisi-umanitaria-al-mondo/#:~:text=Il%20conflitto%20nello%20Yemen%20ha,quest’assistenza%20non%20possono%20sopravvivere: il pezzo è del 2017 ma non si vede ancora la luce

[6] https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/01/07/save-the-children-10-bambini-al-giorno-amputati-a-gaza_f2260ff1-a0f3-4971-b5fd-acb82d463d20.html

[7] https://www.valigiablu.it/giornalisti-uccisi-gaza-israele-wael-dahdouh/

[8] Una condanna è arrivata dalla attuale Presidente della Commissione europea: https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2023/12/13/von-der-leyen-e-ora-di-sanzionare-i-coloni-israeliani-colpevoli-di-violenze-in-cisgiordania_92a133b6-5e99-4d0f-8333-96a215cc1fe5.html

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