Non li chiamavamo inciuci?

di Vincenzo Parisella e Salvatore Venditti Venivano chiamati “inciuci”, un termine che deriva dal dialetto napoletano e che significa “pettegolezzo”. Nel gergo politico “inciucio” si è tramutato in “compromesso tra avversari”. Formalmente è l’accordo tra due o più forze politiche, solitamente opposte, per governare o più semplicemente per permettere il compimento di una serie di leggi che possano dare slancio al Paese. Tale accordo, generalmente, avviene sulla base di punti che sono comuni ad entrambi gli schieramenti. Nessuno di noi avrebbe mai rifiutato, ad esempio, una fetta della crostata che Maddalena Letta (moglie di Gianni) servì la sera del 17 Giugno 1997 a D’Alema, Marini, Fini e Berlusconi. Davanti a quel dolce fu raggiunto un accordo di non belligeranza tra centrosinistra e centrodestra e fu chiamato, appunto, “patto della crostata”. Probabilmente altro “inciucio” storico mirava proprio ad evitare questo tipo di accordi. Era il 2014 quando l’allora segretario del Partito Democratico Matteo Renzi ed il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, trovarono un compromesso, con l’obiettivo di programmare una serie di riforme, tra cui quella del titolo V della Costituzione. La trasformazione del Senato in “camera delle autonomie” che, insieme alla riforma della legge elettorale, avrebbe permesso una stabile governabilità al vincitore delle elezioni: il famoso “patto del Nazareno”, il quale prende il nome dalla via della sede nazionale del Partito Democratico. Questi accordi non sono però una prerogativa italiana: un “doloroso compromesso”, così Angela Merkel ha definito l’intesa con i socialdemocratici dell’SPD, arrivata dopo quasi cinque mesi di stallo politico. Forse proprio grazie all’esperienza tedesca, dal gergo politico nostrano è quasi scomparso il termine “inciucio”, sostituito dai più formali “accordi istituzionali” e “grandi coalizioni”. In Germania non si è discusso davanti a nessuna crostata e non si è parlato di nessun “patto del Klingelhöferstraße(non è una parolaccia, ma la sede della CDU). I due maggiori partiti si sono seduti faccia a faccia ed hanno redatto un pre-accordo che ha poi portato al testo finale che delinea dettagliatamente ogni singola azione di governo. Il contratto di governo è stato poi sottoposto al voto dei 460mila iscritti della SPD, i quali hanno dato il via libera alla formazione del nuovo esecutivo. In Italia, ormai dal 5 marzo scorso, viviamo in una situazione di stallo politico: da una parte abbiamo un terzo dei voti andato al Movimento 5 Stelle e dall’altro abbiamo un altro terzo dei voti che sono stati assegnati alla coalizione di centrodestra. In tutte queste settimane, il Presidente della Repubblica ha cercato di mediare tra le forze politiche, utilizzando grande buon senso e cercando dei punti di contatto che potessero creare i presupposti per una legislatura solida. Non sono bastati due giri di consultazioni ed un mandato esplorativo al Presidente del Senato per trovare un accordo tra le forze “vincitrici”. La richiesta di Di Maio a Salvini di sacrificare Forza Italia è stata giudicata eccessiva dal leader leghista. Adesso i grillini tentano l’intesa con i Dem, tramite il mandato dato al Presidente della Camera, Roberto Fico. Quel partito tanto odiato negli ultimi anni ora potrebbe essere l’interlocutore con il quale discutere del “contratto di governo” presentato da Di Maio. Sarà proprio l’esperienza della Grosse Koalition tedesca a darci un governo? Ne sapremo di più il 3 maggio, giorno della Direzione Nazionale del Partito Democratico, che sarà chiamata a decidere se i Dem si siederanno al tavolo con il M5s o meno. In questo “caos calmo”, però, la cosa certa è che non ne usciremo velocemente e facilmente viste le resistenze che vengono fatte all’interno dei singoli partiti. Intanto, sui social e non, l’elettore medio è già pronto ad appellarsi al “governo eletto dal popolo”. Ma non eravamo una Repubblica parlamentare?

Lascia un commento