
Fonte: lavoce.info
Per quanto riguarda le conseguenze sulla spesa pubblica, i costi della riforma sono stimati in circa cinquanta miliardi di euro, ed è evidente che si tratta di cifre del tutto incompatibili con l’attuale situazione dei conti pubblici che vedono crescere il debito pubblico italiano in maniera vertiginosa.
Il tema delle coperture resta quindi prioritario. È proprio sotto questo aspetto che la maggioranza sta facendo più fatica in quanto le opzioni sono molte ma non tutte sembrano percorribili.
Analizzando l’aspetto delle coperture economiche, poiché si tratta di una perdita permanente di gettito, andranno utilizzate sicuramente misure strutturali.
Nel contratto di governo, ad esempio, si fa menzione della “pace fiscale” che porterebbe nelle casse dello Stato, entrate che però rappresentano incassi una tantum che quindi non possono andare a coprire perdite permanenti di gettito. Tra le possibili coperture si potrebbe pensare anche ad un autofinanziamento della Dual tax, che verrebbe fuori grazie alla spinta sul PIL attesa dalla forte spinta ai consumi indotta dal risparmio di imposta. In questo caso però sarebbe rischioso finanziare una riforma del genere non avendo stime precise sull’impatto reale che la Dual tax avrebbe sul PIL.
La strada più consona, molto probabilmente, è quella del finanziamento della riforma tributaria attraverso contestuali tagli alla spesa.
Sulla carta questa è l’opzione più facile da percorrere anche se il taglio alla spesa dovrebbe essere così grande da avere ripercussioni negative che potrebbero portare nella peggiore delle ipotesi ad una recessione pari a quella causata da un aumento dell’IVA. Inoltre, sempre su questo punto, ulteriori tagli a settori come sanità, istruzione e sicurezza farebbero diminuire ancora di più l’efficienza e la qualità dei servizi prestati alla collettività.
Se poi, a tutte queste criticità, aggiungiamo anche i paletti economici fissati dai Trattati europei, ci rimane davvero difficile immaginare una possibile riforma fiscale di queste dimensioni.
Fonti:
• Il Sole 24 Ore
• Lavoce.info

Secondo me bisogna distinguere il discorso flat tax con quello della riduzione delle tasse, non è detto che una riduzione delle tasse non possa essere effettuata con la proporzionalità dell’imposta, riducendo ad esempio del 1% al’iquota più bassa e in proporzione alle aliquote più alte, corrisponderebbe alla teoria secondo cui con una pressione fiscale più bassa corrisponderebbe un incremento delle entrate(con uno spazio maggiore di un commento, gente versata in economia e scienza delle finanze spiegherebbe che tale ipotesi è molto arbitraria), anzi i fatti dimostrano che i ricchi meno pagano, meno voglioo pagare vedi il contenzioso con Amazon o con Facebook. Non bisogna dmenticare una cosa poi, il totale delle tasse è dato dalle imposte dirette e indirette, con la flat tax incidiamo solo sulle dirette, quelle indirette colpiscono maggiormente i ceti più bassi. Mettiamo il caso le tasse sui carburanti, la percentuale di tassazione colpisce maggiormente chi hauna utilitaria, rispetto chi può permetteri macchine da centinaia di milioni di euro, senza dimenticare il costo del trasporto merci che incide sui beni di prima necessità