di Gianmarco di Manno
Ancora poche ore e saremo chiamati alle urne. L’appuntamento per qualcuno è duplice, elezioni politiche e regionali. Riguardo il panorama politico nazionale, è particolarmente difficile non essere “rappresentati”: sulla scena tanti partiti, complice anche la legge elettorale prettamente proporzionale.
Si aggiunga, a quanto detto, che il voto è un dovere civico. Ce lo ricorda la conta dei morti per anni di battaglie in nome della democrazia, nonché la Costituzione.
Ma il diritto di contare non significa fare la conta e tirare a caso una croce sulla scheda. Il diritto al voto non è (solo) presupposto al diritto di critica, ma ne è soprattutto la conseguenza; non è il diritto allo starnazzare, bensì quello al costruire; non quello allo sbraitare, ma quello al dialogo e allo sforzo del compromesso.
La democrazia funziona se è un esercizio costante, i sistemi democratici si reggono su una certa crescita personale di chi li vive e sulla loro consapevolezza. Se si smette di fare questo esercizio, non sono più sostenibili. Formazione, informazione, tempo, passione, energie, dialogo… La politica – com’è nel pensiero di Calamandrei – non è una cosa piacevole, ci sono tante cose belle da vedere, da godere, oltre che occuparsi di politica. Però la libertà è come l’aria, ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo.
Quindi, domani, andate a votare. Continuate a sforzarvi di capire come gira il mondo attorno a voi. Seriamente, pacatamente. Al netto delle eccitazioni dei media, delle squallide esaltazioni di chi sguazza nell’insuccesso altrui, degli strilli dei politicanti, delle soluzioni semplici e quindi surreali.
Domani andate a votare. Votate quello che volete. Ma fatelo in maniera costruttiva. Andate a votare “pro” qualcosa e non “contro” qualcosa; date il vostro voto non “per la paura di”, ma per “la speranza che”; votate perché ne siete convinti, votate perché siete disposti a parlarne con la signora che fa spesa al mercato e con la ragazza accanto a voi in treno. Date un voto per il quale siete disposti a sporcarvi le mani e non ad urlare dalla tastiera.
Domani andate a votare perché siete consapevoli. Oppure perché inizierete ad esserlo. Seriamente, pacatamente. Altrimenti state a casa. La democrazia non è solo il rito (sacro, sacrissimo) del voto, ma è la preparazione a questo, è il rispetto di questo, è la realizzazione che si sta compiendo un atto carico di responsabilità.