
L’Italia arriva 27 anni dopo la prima regolamentazione sulle Unioni civili, avvenuta in Danimarca nel 1989 e a seguire tutti i Paesi occidentali che, in un modo o nell’altro, hanno legiferato sul tema. Un grave ritardo, che finalmente è stato colmato.
Come detto, l’iter parlamentare è stato travagliato, soprattutto a seguito delle proteste di associazioni e singole personalità contrarie all’applicazione del provvedimento, come se la legge togliesse loro qualche diritto.
Ovviamente il mondo LGBT ha accolto positivamente l’approvazione della legge, anche se restano alcune perplessità sullo stralcio delle adozioni. Ma sappiamo che la Politica è sintesi tra più idee e la senatrice Cirinnà è stata in grado di trovarla, dopo che per anni l’argomento era stato utilizzato solo ed esclusivamente per slogan elettorali, da una parte e dall’altra.
Questa norma è un buon punto di partenza; una vittoria per chi da anni sperava nel riconoscimento dei diritti LGBT. Un passo importante che non si poteva più rimandare: per troppi anni abbiamo assistito a giochi politici sulla pelle di migliaia di persone e ancora oggi, a pochi giorni dalle elezioni politiche 2018, c’è poca chiarezza sul riconoscimento dei diritti mancanti. Addirittura c’è chi vorrebbe tornare indietro, proponendo l’abolizione della “Legge Cirinnà”: già pensarlo sarebbe un clamoroso colpo basso alla democrazia, alla libertà, ai diritti; a maggior ragione visto che finalmente, dopo tanti anni e tanti ostacoli superati, si è arrivati ad emanare una legge sul tema. Mancano ancora dei passaggi fondamentali per poter parlare di matrimonio ugualitario, in primis l’adozione. Il mio augurio è che in futuro si possa legiferare anche su questo aspetto, per permettere alle “famiglie arcobaleno” di sentirsi a tutti gli effetti una Famiglia, dove La F maiuscola è chiaramente voluta. 