LA SCUOLA SOTTO IL SEGNO DEL COVID-19

di Simone D’Adamo

L’anno scolastico 2020/2021 ha avuto inizio per gran parte delle scuole in Italia. È sotto gli occhi di tutti la particolarità di questo nuovo anno che le studentesse e  gli studenti, di tutti i gradi, dovranno affrontare. Dopo mesi di chiusura dovuti al lockdown, dopo dibattiti, riforme, investimenti e promesse che hanno riportato la scuola al centro del dibattito politico, qual è la situazione? La messa in sicurezza della scuola per fronteggiare il COVID-19 è il centro nevralgico dell’operato del MIUR. La ministra Azzolina insieme al suo staff, alla protezione civile e al Ministero della salute hanno redatto delle linee guida anti covid.

Nonostante l’impegno messo in campo, fortemente rimarcato dalla ministra dell’istruzione, per garantire l’avvio del nuovo anno scolastico, non sono mancati forti disagi ed episodi discutibili che hanno alzato un gran polverone. Tanto per cominciare il caso dei banchi monoposto: dalle scuole ne sono stati richiesti circa 2,4 milioni, tuttavia, entro fine settembre verranno consegnati solo 400 mila banchi. Per ovviare a tale mancanza le scuole hanno dovuto “riciclare” i vecchi banchi.

Il problema della mancanza degli spazi per evitare le classi pollaio: anche qui la ricerca e i lavori avviati da molte scuole per poter usufruire di strutture adeguate, dove poter fare lezione, sono ancora in alto mare. Basti pensare che alcuni dirigenti hanno denunciato il ritardo delle risorse per pagare i locali aggiuntivi da adibire a classi. Un caso palese sono le scuole delle province del Lazio che hanno dovuto rimandare la riapertura .

I ritardi sul reclutamento dei docenti: a fronte di 85 mila cattedre vuote, finora, sono state effettuate 30 mila immissioni in ruolo. E i presidi per ovviare a tale lacuna cercano in ogni modo di correre ai ripari e  laddove sia possibile.

Altrettanto grave, è il ridotto numero di assunzioni di docenti di sostegno effettuare fino ad ora: su oltre 21 mila posti disponibili ne sono stati assegnati meno di 2 mila. A rimetterci sono quelle alunne e quegli alunni con problematiche o disturbi per cui necessitano di un’assistenza parziale o costante.

Ultimo, ma non meno importante, è il problema dei test ai docenti. Si sono registrati moltissimi casi in cui i test sierologici non sono stati eseguiti perché le Asl erano impreparate. Inoltre, bisogna fronteggiare la questione dei tamponi per cercare di renderli disponibili il prima possibile.

I dati qui emersi sono stati forniti dai sindacati della scuola, i quali a fronte di tutti questi ritardi e disagi hanno annunciato una manifestazione di protesta  (indetta da CGIL, CISL, UIL e GILDA) per il 26 settembre alle 15 nelle piazze.

Nell’inquadrare tutte queste difficoltà logistiche, si sta rischiando di perdere di vista quelli che sono alcuni degli aspetti più pregnanti della scuola (o che almeno dovrebbero essere). Dopo anni di lavoro svolto nelle scuole per favorire l’integrazione dei figli di famiglie straniere, si corre il rischio tangibile che i bambini percepiscano l’altro come portatore di malattia e, quindi, con ostilità. La scuola deve affrontare una sfida educativa senza precedenti in cui il bisogno di sicurezza e la cooperazione con i bambini e con i ragazzi per fronteggiare le difficoltà e cercare soluzioni diventa cruciale. Ragion per cui si rende necessario facilitare al meglio lo scambio di pratiche sensate, figlie di una fase di ricerca che è attualmente in atto. Come ha dichiarato il maestro d’Italia Franco Lorenzoni, in una intervista sul Corriere della Sera, è necessario investire nell’istruzione, nell’educazione, nella ricerca e nella formazione utilizzando almeno il 20% del recovery fund. Emerge, quindi, come la scuola rimanga ancora oggi, a dispetto della situazione pandemica, ai margini delle scelte pubbliche.   

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