LA DIDATTICA ONLINE AI TEMPI DEL COVID-19

di Simone D’Adamo e Lucia Cencia

Senza alcun dubbio questo frangente storico ci sta sottoponendo a una dura prova fatta di molti sacrifici. Oltre alle singole persone molti settori, pubblici e privati, lottano per cercare di adempiere ai propri doveri e tra questi c’è sicuramente il settore dell’educazione e dell’apprendimento. Insegnanti e discenti si trovano a dover compiere i rispettivi percorsi formativi stando a casa. Computer e tablet vengono in soccorso per dare la possibilità di proseguire l’anno scolastico che è a rischio. Ad essi si aggiungono i vari portali digitali online frutto di uno studio, ancora in atto e in continuo mutamento, di una nuova forma di didattica denominata e-learning che sta per “apprendimento online”.

Facendo un piccolo passo indietro nel tempo fino al 2015, con l’avvento del Web 4.0 il MIUR ha approvato il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), un Piano volto a guidare le scuole verso l’innovazione e la digitalizzazione, cercando di offrire al contempo un nuovo e solido posizionamento del sistema educativo italiano, in una nuova era: quella del digitale. Tale Piano mira a rendere la scuola un laboratorio in cui poter sperimentare l’avanzamento digitale e l’innovazione tecnologica, con l’ulteriore obiettivo di armonizzare la stessa digitalizzazione con il concetto di innovazione; si parla proprio per ciò di una scuola non più tradizionalmente intesa, ma di un ambiente formativo, aperto e inclusivo, al passo con l’incessante divenire della società dell’informazione e della conoscenza.

Il processo di apprendimento tramite e-learning dovrebbe ricorrere all’uso di metodi istruttivi in grado di rafforzare il ragionamento e incentivare il pensiero critico, trasformando così le medesime TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) in veri e propri catalizzatori per la riflessione[1]. Solo attraverso un processo così definito e con tali elementi caratterizzanti si può effettivamente offrire una formazione rispondente alle continue e sempre innovative richieste della società del digitale.

In questo modo si va a costruire una cybercultura su argomenti che venivano studiati abitualmente, in modo esclusivo, sui libri e affrontati mediante le lezioni frontali svolte dagli insegnanti. Un progetto ambizioso che ha visto da un lato entusiasmo e dall’altro scetticismo. Un’avanzata che non è stata del tutto omogenea in tutte le scuole italiane, in special modo per quelle del sud.

Il PNSD è rimasto nell’ombra fino al fatidico Dpcm del 4 marzo 2020 che ha sancito la chiusura di tutte le scuole e di tutte le Università per contrastare la propagazione del coronavirus, dando così il via alla Didattica a Distanza (DAD). Dall’inizio della quarantena c’è stata una corsa ai ripari da parte dei docenti che però risulta essere confusionaria e incompleta. Lungo tutto lo stivale si registrano malcontenti dei genitori che sono preoccupati per la formazione dei loro figli. Secondo dei dati preliminari di un sondaggio che il MIUR ha condotto, l’82% degli alunni riceve in un modo o nell’altro la didattica digitale, ma la verità che viene raccontata è ben diversa. Il corpo docente si vede sprovvisto di una formazione e programmazione didattica e pedagogica adeguata. Alcune criticità che potremmo elencare sono le seguenti: i diversi equipaggiamenti di strumenti digitali e di collegamento internet delle scuole e degli studenti, l’impedimento da parte dei genitori di poter offrire supporto e collaborazione ai figli, le disuguaglianze causate da una DAD inclinata a vantaggio di coloro che si trovano in contesti sociali garantiti e a svantaggio di coloro che invece vivono all’interno di contesti sociali ed economici sfavorevoli. Quindi si può facilmente intuire che non è solo un’emergenza che pone problemi sulla qualità dell’istruzione ma anche sul diritto all’istruzione e alle pari opportunità. C’è da dire, però, che la gran parte degli insegnanti si stanno impegnando e stanno reagendo a una situazione che era impossibile da prevedere, affrontando, giorno per giorno, i quesiti che emergono e mettendosi in gioco.

Per supportare le scuole e il corpo docente, il MIUR, ha stanziato 85 milioni per la Didattica a Distanza e ha aperto sul proprio sito istituzionale una pagina dedicata: un ambiente di lavoro in progress dove è possibile accedere a strumenti di cooperazione, scambio di buone pratiche e gemellaggi fra scuole, webinar di formazione, contenuti multimediali per lo studio, piattaforme certificate.

Lunedì 6 aprile è stato approvato in Consiglio dei ministri il decreto scuola che sancisce delle misure urgenti sulla regolare conclusione e svolgimento dell’anno scolastico e sulla modalità in cui verranno eseguiti gli esami di Stato. Una particolare attenzione, tra i numerosi interventi, lo reclama l’esame di Stato per la maturità. La commissione, come era già trapelato nelle settimane precedenti, sarà composta esclusivamente da interni. Nel caso in cui non si dovesse tornare in aula entro il 18 maggio, l’esame di maturità vedrà tutti ammessi e si svolgerà in via telematica e consisterà in un unico colloquio. Invece nel caso si dovesse tornare a scuola entro la data di maggio, l’esame si svolgerà “regolarmente” e vedrà una prova nazionale di italiano e la seconda prova sarà snellita e preparata dalla commissione interna. Abbiamo avuto modo di parlare con alcuni dei ragazzi interessati, provenienti da nord a sud, per sentire dai loro racconti cosa ne pensano e come stanno vivendo questa fase complessa in vista della maturità.

Come vi state trovando con questa didattica a distanza?

Luca: Beh… io mi sto trovando molto male perché è successo tutto all’improvviso e molti miei prof non sono preparati, ad esempio quello di scienze ha problemi di connessione e le lezioni sono difficili.

Domenico: La didattica a distanza non è male, anzi è molto efficace per questo periodo che stiamo affrontando, ma il problema è come affrontarla. Io come altri miei compagni di classe ci stiamo trovando un po’ male perché alcuni prof non rispettano le circolari assegnate per questo periodo e se ne “fregano” continuando a lavorare come se non fosse mai successo niente.

Matilde: Personalmente mi sto trovando bene con la didattica online che sto seguendo in questo periodo. A parte qualche problema di connessione che salta fuori a volte, lo trovo un modo efficace per mantenere costante il nostro apprendimento anche in una situazione così difficile. Il fatto di dover sostenere le video lezioni mi aiuta molto: se i professori si limitassero esclusivamente a inviare materiale da studiare penso che non riuscirei a starci dietro perché non avrei una spinta che mi porterebbe a farlo. Seguendo le videolezioni sono costretta a stare attenta e rendono molto più semplice lo studio che poi devo fare per affrontare l’eventuale interrogazione. Inoltre il fatto di dovermi svegliare la mattina abbastanza presto (non seguiamo sempre l’orario scolastico) e di sentire le spiegazioni dei vari professori mi dà quel minimo senso di normalità e quotidianità che in una situazione simile penso sia fondamentale.

Giada: Io mi sto trovando abbastanza bene, anche se è ovvio che la didattica a distanza non potrà mai sostituire le lezioni fatte in classe faccia a faccia. Della didattica tradizionale mi mancano le voci dei miei professori perché onestamente parlando, Skype o la live di Weschool, cioè l’app che sto utilizzando, non potrà mai essere paragonata alle lezioni basic. La didattica a distanza toglie “brio” al metodo scolastico. Così facendo, tutto è “piatto e freddo”. Il mio studio si limita a leggere il libro e le dispense che mandano i miei prof, se sono tanto fortunata a volte posso servirmi dei video. Questo, però, incrementa la noia dello studio. Questo studiare attraverso un metodo scolastico, che non va oltre, non mira a far sì che gli studenti possano avere spirito critico (cosa che in realtà credo sia una pecca proprio della scuola italiana, ma quello è un altro conto). Mi mancano davvero tanto i commenti della mia prof di storia e filosofia, che mentre spiega dice la sua al riguardo. E una video lezione non sostituisce proprio niente. Sono sempre stata contro lo studio sui libri, cioè sarò strana e forse mi troverò male, ma non ce la faccio leggendo solamente dal libro. Ho bisogno che qualcuno mi spieghi le cose, che me le faccia capire attraverso il suo amore per la materia. L’app WeSchool ha delle criticità, i docenti dovrebbero coordinarsi tra loro e scadenzare meglio il lavoro perché spesso la mole di compiti è aumentata. Comunque credo sia buono utilizzare questo metodo per continuare i programmi ed essere continuamente sotto esame. È un modo alternativo per continuare a “fare scuola”, quindi ci sono dei lati positivi.

Chiara: La situazione non è delle migliori, ma la stiamo affrontando come possiamo e in maniera diversa a seconda della disponibilità dei professori. Con alcuni stiamo utilizzando la piattaforma “WeSchool”, attraverso la quale inviamo relazioni su ciò che studiamo. Con un paio di professori invece abbiamo un gruppo su Teams e ci sentiamo in video-chiamata, mentre chi non ha possibilità di contattarci mette sul RE (Registro Elettronico) il materiale scolastico necessario per continuare il programma. Il metodo migliore per ora però sembra quello della mia professoressa di inglese, che fa regolarmente lezione tramite Skype e con la quale ho già svolto due verifiche, mandateci via email.

Alice: In generale mi sto trovando meglio di quanto pensassi. La didattica a distanza sicuramente ti permette di non perdere l’allenamento allo studio e credo sia necessaria e fondamentale in questo periodo, soprattutto per chi come me dovrà sostenere l’esame di maturità. I miei professori hanno preso provvedimenti fin da subito facendoci iscrivere a diverse piattaforme online, con le quali hanno condiviso materiali come link, video lezioni, esercizi e pdf realizzati da loro e onestamente mi sembra di studiare di più in questo periodo rispetto a quando andavo a scuola. La maggior parte dei professori inoltre continua a fare lezione attraverso Skype o altre app di questo tipo, in modo tale da poter avere un contatto più diretto con noi e chiarire i nostri dubbi. Dalla scorsa settimana hanno iniziato a sottoporci a delle verifiche che probabilmente influiranno sulla nostra valutazione finale anche se loro stessi hanno dichiarato di non essere molto informati sulla validità di queste prove. Comunque non credo che la didattica a distanza sia equivalente al lavoro che svolgiamo in classe perché non vi è uno scambio diretto con i professori, che io ritengo fondamentale, e mi risulta più difficile seguire una lezione attraverso uno schermo. Inoltre a scuola si ha un orario prestabilito, a cui i professori si devono attenere. Con la didattica a distanza ognuno fa lezione quando vuole, anche il pomeriggio e almeno per quanto riguarda la mia esperienza, non c’è organizzazione tra i professori.

Ilaria: Quello della didattica a distanza, indipendentemente dalla situazione che ci obbliga ad attuarla, è un progetto abbastanza interessante, in quanto ci offre un’autonomia maggiore rispetto alla solita esperienza scolastica. Essendo un nuovo metodo di studio, soprattutto per realtà come quella di una piccola città del sud, molto spesso viene sottovalutata e sfruttata dagli alunni come un modo per seguire comodamente le lezioni in pigiama. Si tende a considerarla come un qualcosa di surrealistico e non alla nostra portata… è un’esperienza ritenuta impossibile perché “non saremo mai all’altezza di regioni così all’avanguardia come la Lombardia o il Piemonte”. Ingenuamente, questa situazione non viene utilizzata per colmare quel divario che ancora oggi, nel 2020, esiste tra nord e sud, ma come una soluzione di comodo.

Prima di questo periodo di quarantena, i docenti, ti hanno mai fatto utilizzare la piattaforma online per progetti e/o per compiti? Se sì raccontami le tue esperienze passate.

Luca: Con la docente di inglese adoperavamo già Classroom mentre in storia e filosofia avevamo già svolto verifiche online.

Domenico: No, non ci hanno mai fatto usare alcun tipo di piattaforma.

Matilde: Prima di questo periodo non avevamo mai utilizzato Meet e solo in pochi professori caricavano del materiale sulla piattaforma di Classroom.

Giada: Si, la mia prof di matematica usava proprio WeSchool per aiutarci a capire meglio gli argomenti che spiegava e per farci esercitare. Oppure la mia professoressa di inglese di solito manda del materiale sul sito di scuola o sulla mail di classe. È materiale davvero utile perché, oltre a documenti vari, ci invia anche dei Powerpoint che a volte sono migliori del libro, più chiari e schematici.

Chiara: No, prima della quarantena i miei docenti non hanno mai fatto cenno ad alcuna applicazione, a parte quella obbligatoria del registro elettronico nella quale vengono inseriti i compiti e riportate le lezioni svolte, supportate se necessario da qualche slides. Non servono dispositivi particolari se si sa insegnare. Bastano appunti e un libro per supporto.

Alice: No, mi dispiace non posso raccontarti niente.

Ilaria: No, nella mia scuola non sono state mai utilizzate piattaforme online per progetti o compiti, è sempre stato prediletto il contatto diretto con il cartaceo.

Cosa ne pensi dello svolgimento dell’esame della maturità a distanza in via telematica?

Luca: Io penso che un esame di maturità online sia improponibile, perché non tutti hanno una connessione internet (sembra strano, ma alcuni della mia scuola non ce l’hanno) o magari non ne hanno una abbastanza buona per reggere una videoconferenza. Credo che se dovessero fare un esame online comunque sarà solo orale perché uno scritto è impossibile, soprattutto la seconda prova. Io comunque spero che la Ministra decida di fare come fanno in altri stati, ad esempio Paesi Bassi, in cui gli studenti vengono direttamente ammessi solo in base alla media scolastica.

Domenico: Penso che sia improponibile, perché non si parlerebbe di esame così. Sarebbe solo una presa per i fondelli, poi l’esame non si può svolgere in queste condizioni. Per me andrebbe meglio dimezzarlo o agevolarci. Perché tramite le videolezioni non si riesce a capire e a svolgere attività soprattutto pratiche come matematica ed economia aziendale (nel caso nostro come classe).

Matilde: La possibilità di sostenere la maturità online non la vedo troppo negativa. In realtà in questo momento non riesco a realizzare che dovrò fare la maturità e mi sembra inimmaginabile il fatto di sostenerla in videochiamata. Come sono state sostenute lauree online penso sia possibile fare lo stesso anche con la maturità.

Giada: Sono totalmente contraria all’esame in via telematica. Così si tende a svalutare le nostre capacità e l’esame perde la sua efficacia. Spero sul serio che non passi come qualcosa di ufficiale perché è davvero controproducente.

Chiara: Penso che sia prematuro parlare di maturità a distanza, certamente questo un po’ mi preoccupa perché prevedrebbe necessariamente l’eliminazione dei due scritti. Aspetterò le disposizioni del nostro Ministro dell’istruzione, che è stata abbastanza rassicurante per ora, soprattutto per quanto riguarda il non posticipare l’esame in piena estate o addirittura il prossimo semestre. Inoltre l’idea di avere tutti i professori interni è la miglior cosa in questa situazione.

Alice: Sinceramente spero non si arriverà al punto di dover svolgere l’esame a distanza, è comunque necessario prendere in considerazione questa possibilità. Credo che l’esame di maturità online non valorizzerebbe gli studenti, ma ci metterebbe solo in difficoltà. Per quanto mi riguarda, non è facile esporre qualcosa sapendo di essere valutata, per via di ansie varie; un esame online non farebbe che alimentare la mia ansia, sempre perché ho bisogno di un contatto diretto, e inoltre mi mancherebbe il sostegno miei compagni di classe. Credo che un esame del genere non solo ci metterebbe in difficoltà ma ci priverebbe di un’esperienza di vita che tutti gli studenti prima di noi hanno affrontato e condiviso e mi dispiacerebbe non poter fare lo stesso.

Ilaria: Penso che conseguire la maturità online sia qualcosa di fattibile dal punto di vista pratico, ma spiacevole sotto molti altri punti di vista. È forse una delle esperienze più importanti della nostra vita, in quanto determina il passaggio dall’adolescenza all’età adulta… penso che quell’ansia meriterebbe di essere vissuta a pieno, di essere condivisa con i compagni del liceo e di essere affrontata di petto, magari guardando intensamente negli occhi quei professori che, per cinque anni, ti hanno dato filo da torcere per poi uscire vincitore dal grande cancello che ti ha tenuto imprigionato per cinque anni, ma che ti ha dato le ali per spiccare il volo. Conseguire l’esame di Stato dallo schermo di un computer, sarebbe un vero oltraggio all’esperienza più intensa della nostra vita!

Hai dei suggerimenti che vorresti dare ai tuoi insegnanti per migliorare la formazione e l’educazione di voi studenti in questo delicato frangente?

Luca: Ai miei prof direi solo di evitare l’atteggiamento classico, perché è una situazione difficile e non si può fare come se si fosse in classe, dato che non c’è uno scambio diretto, e di fare prove orali solo secondo un calendario perché almeno nel mio caso io non sono mai stato così pieno di cose da studiare, ho dovuto studiarmi tutto il capitolo del metabolismo da solo che è comunque molto difficile e con tutte le altre materie è il caos.

Domenico: Ai miei insegnanti vorrei solo dire che ci troviamo in un momento delicato e soprattutto storico, e quindi penso sia inutile caricarci assegnando esercizi e pagine da studiare come se stessimo in una situazione normale, senza nemmeno capire che tramite le videolezioni è difficile comprendere tutto e soprattutto non si riesce ad essere concentrati. Quindi se hanno deciso di fare gli insegnanti come mestiere questo è il momento, e l’unico modo è andare incontro agli alunni perché in queste situazioni è meglio mantenere la calma e stare rilassati mentalmente.

Matilde: Suggerimenti particolari da dare ai miei insegnanti non ne ho. L’unica cosa è che alcuni dovrebbero utilizzare meglio le varie piattaforme che hanno a disposizione per comunicare con noi (Classroom, email, mastercom e in alcuni casi whatsapp): alcuni caricano compiti su piattaforme diverse e questo crea confusione.

Giada: Alcuni professori dovrebbero rendere maggiormente comprensibili le loro spiegazioni e fattibili le loro consegne: non è semplice capire a fondo cos’è che vogliono tramite strumenti informatici.

Chiara: Questa è una situazione nuova e particolarmente delicata. Siamo stati chiamati a fronteggiarla improvvisamente e ognuno deve utilizzare i mezzi di cui dispone. Piuttosto però, qualora sia possibile, pregherei i miei docenti di utilizzare la stessa piattaforma per lavorare. Non tutti hanno dispositivi adatti a supportare dieci applicazioni diverse e, a mio avviso, questo crea solo molta confusione.

Alice: Si, suggerirei di organizzarsi fra di loro in modo tale da non fissare scadenze e lezioni tutte nella stessa giornata. Assicurarsi di avere una connessione sufficiente per poter fare lezione perché mi capita molto spesso di non capire quello che dicono a causa della loro scarsa connessione. E di non contattarci ogni singola ora della nostra giornata ma di attenersi all’orario scolastico, perché anche questo (almeno per me che sono una persona estremamente ansiosa) è motivo di ansia.

Ilaria: Ritengo che il lavoro svolto dai professori sia fantastico, perché conseguito con impegno e dedizione. Penso però sia necessaria maggior organizzazione, soprattutto per quanto riguarda interrogazioni e compiti scritti. Infatti la mia scuola non è ancora dotata di mezzi che ci diano la possibilità di svolgere prove di verifica. Il timore, perciò, è quello di non poter ricevere valutazioni sulle competenze acquisite, rendendo vano il lavoro conseguito.

Dai racconti di questi ragazzi si evince che l’impegno dei docenti è apprezzato, ma si denuncia anche una scarsa organizzazione. Un altro dato che va assolutamente evidenziato è il minimo utilizzo delle piattaforme online prima della quarantena. Oltre alle considerazioni che avevamo già espresso sopra. Molti sperano di tornare al più presto in classe con i propri professori e compagni, questa volta, apprezzando quelle lezioni che fino a qualche mese fa facevano storcere il naso. Ritorna quindi in auge l’apprezzamento di un contesto, così tanto dato per scontato, come quello delle lezioni in classe. Questa è un’opportunità per la scuola italiana, da non farsi sfuggire, per mettere in pratica quei buoni propositi e (tutti) quei mezzi che ha a disposizione per effettuare un cambio di rotta. Indirizzando la formazione dei nostri studenti verso una nuova forma di apprendimento al passo con i tempi. Aggiornando gli insegnanti alle nuove tecniche didattiche, lasciando spazio alle nuove tecnologie e all’inventiva di cui sono capaci. Una metamorfosi che deve partire anche dal nostro linguaggio come ad esempio per il termine (che abbiamo abbondantemente utilizzato) di “Didattica a Distanza”. Definizione che sembra indicare una “formazione per corrispondenza”, un’istruzione piuttosto che un apprendimento. Quindi è doveroso sostituirlo con la giusta terminologia di “Didattica Online”. Facendo però attenzione a non cadere nel tranello di una didattica, fin troppo tecnica e asettica, fatta di soli concetti e teoremi, senza alcuna reale comprensione di essi.


[1] MEDAGLIA C.- FERRANTE M.-ORLANDO L., (2014), “Scuola 2.0”, Innovazione dei modelli didattici e nuove tecnologie per la scuola del futuro, https://docplayer.it/174351-Scuola-2-0-innovazione-dei-modelli-didattici-e-nuove-tecnologie-per-la-scuola-del-futuro.html, (consultato in data 22 Dicembre 2019).

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