Agroalimentare, maggior trasparenza con l’obbligo di origine

di Davide Fiore

“Chissà da dove provengono”, quante volte vi siete posti tale quesito dinanzi ad alimenti di dubbia provenienza?

A tal proposito è il caso di soffermarci su quanto decretato dal Ministero delle politiche agricole e dal Ministero dello sviluppo economico negli ultimi mesi, riguardo l’obbligo di origine in etichetta per diversi alimenti.

Oltre l’entrata in vigore del decreto che sancisce tale obbligo per i prodotti lattiero caseari sono stati firmati dai Ministri Martina e Calenda due ulteriori decreti. Questi estendono l’obbligo di origine rispettivamente a prodotti derivati del pomodoro (conserve, sughi e derivati) ed a prodotti derivati da riso e grano, pasta in primis.

L’obbligo prevede diciture ben visibili in etichetta riguardanti il paese in cui sono avvenute le varie fasi (Paese di coltivazione, Paese di lavorazione, Paese di trasformazione ecc.). Un grande passo verso la trasparenza del settore agroalimentare che certamente permetterà una migliore valorizzazione della filiera agroalimentare italiana, che può vantare il primato europeo di riconoscimenti per prodotti agroalimentari di qualità; ben 294 tra Dop, Igp e Stg, destinati ad un ulteriore incremento (fonte ISTAT, 2016.)

L’efficiente lavoro di tutela svolto apporterà vantaggi sia nei confronti dei produttori, il cui lavoro verrà maggiormente valorizzato, sia nei confronti dei consumatori, che potranno orientare gli acquisti in maggiore sicurezza verso aziende che hanno incentrato il proprio lavoro prediligendo prodotti di origine italiana.

Non resta che auspicare un prosieguo del percorso di etichettatura intrapreso (forse da tempo già dovuto), estendendo obblighi di origini ad ulteriori alimenti, effettuando controlli mirati sulla veridicità delle diciture.

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